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“Una parte delle risorse che deriveranno dalla rimodulazione del PNRR sia destinata alle Province per gli investimenti sulla transizione digitale, considerato che queste istituzioni sono state sostanzialmente escluse dalle opportunità di innovazione tecnologica e digitale per la PA previste dal Piano”.
È la richiesta che ha avanzato oggi il Presidente di UPI Emilia Romagna, Andrea Massari, Presidente della Provincia di Parma, intervenendo come delegato delle Province italiane nella Sala Verde di Palazzo Chigi alla riunione del Comitato interministeriale del Governo per la transizione digitale, presieduto dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alessio Butti e a cui ha preso parte anche il Ministro per l’Economia Giancarlo Giorgetti.
“Ringraziamo il Governo per avere voluto l’UPI al Comitato interministeriale, riconoscendo così il ruolo delle Province in questo percorso strategico – ha detto il Presidente Massari. “Considerate le funzioni di stazioni appaltanti e di raccolta e rielaborazione dati queste istituzioni sono centrali nello sviluppo dei sistemi di interoperabilità delle Pubbliche amministrazioni.
C’è poi da sottolineare – ha aggiunto – che il nuovo codice appalti, su cui le Province danno supporto a migliaia di Comuni, ci obbliga ad aggiornare le piattaforme per digitalizzare le procedure di gara: un percorso che ha bisogno di investimenti mirati che, come è stato previsto per tutte le altre amministrazioni pubbliche nazionali e locali, devono correttamente essere individuate anche per le Province nel PNRR”.
FOCUS:
Piano Scuola 4.0: una sfida per le Scuole e gli Enti Locali
per la sicurezza e l’innovazione degli spazi scolastici
di Tiziana Zanni
Funzionario responsabile di elevata qualificazione dell’Ufficio Programmazione Scolastica della Provincia di Modena
In allegato, il focus di dettaglio:
Piano Scuola 4.0 una sfida per le Scuole e gli Enti Locali per la sicurezza e l’innovazione degli spazi scolastici.pdf
di Tiziana Zanni
Funzionario responsabile di elevata qualificazione dell’Ufficio Programmazione Scolastica della Provincia di Modena
Il primo dimensionamento della rete scolastica ha preso avvio con il DPR n.233/1998 ed è stato il primo passaggio per il riconoscimento dell’autonomia e della personalità giuridica alle scuole. Il citato DPR ha previsto all'art. 2 che “per acquisire o mantenere la personalità giuridica gli istituti di istruzione devono avere, di norma, una popolazione, consolidata e prevedibilmente stabile almeno per un quinquennio, compresa tra 500 e 900 alunni” con riduzione di tale indice a 300 alunni per le istituzioni scolastiche presenti nelle piccole isole, nei comuni montani, nonché nelle aree geografiche contraddistinte da specificità etniche o linguistiche. Successivamente i parametri minimi per l'assegnazione dei dirigenti scolastici (DS) e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (DSGA) delle istituzioni scolastiche autonome sono stati innalzati a 600 studenti (e a 400 con le consuete deroghe) con la legge n. 183/2011 (Legge di stabilità per il 2012).
Nei faticosi tempi della emergenza pandemica la legge n. 178/2020 (legge di bilancio per il 2021) ha previsto la riduzione da 600 a 500 alunni (ovvero da 400 a 300 nelle istituzioni scolastiche autonome situate in piccole isole, in comuni montani, in aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche) come parametro di riferimento per l’assegnazione alla scuola di un dirigente titolare e di un direttore dei servizi generali e amministrativi in via esclusiva. La legge di stabilità n.234/2021 ha confermato tale parametro anche per gli a.s. 2022/23 e 2023/24.
Il PNRR prevede la riforma dell'organizzazione del sistema scolastico (Missione 4, Componente 1, Riforma 1,3) “con l’obiettivo di fornire soluzioni concrete a due tematiche in particolare: la riduzione del numero degli alunni per classe e il dimensionamento della rete scolastica”. Il dimensionamento della rete scolastica diventa quindi una milestone per il PNRR.
Nella legge finanziaria 2023 (art. 1 c.557 della legge n. 197/2022) sono state introdotte importanti novità in materia di riorganizzazione della rete scolastica e in particolare si prevedono nuovi criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici (DS) e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (DSGA) e la loro relativa distribuzione tra le regioni. Infatti, si introduce un nuovo coefficiente per la formazione delle sedi scolastiche autonome “non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell’organico di diritto dell’anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato”.
Si prevede inoltre l’adeguamento del sistema di istruzione agli sviluppi demografici, che prevedono che il numero degli alunni iscritti alle scuole diminuirà nei prossimi anni a causa della denatalità, comportando una riduzione della necessità di personale scolastico.
Il citato comma 557 dell'art. 1 della legge finanziaria prevede quindi l'adozione di un decreto interministeriale, previo accordo in Conferenza Unificata, con la definizione del contingente dei Dirigenti Scolastici e dei DSGA su base triennale. In caso di mancato accordo in Conferenza unificata, il decreto verrà emanato unilateralmente.
Nello scorso mese di maggio è stato quindi esaminato in sede di Conferenza Unificata lo schema di decreto interministeriale relativo alla definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei DSGA e relativa distribuzione fra le Regioni per il triennio 2024/25, 2025/26 e 2026/27.
Lo schema prevede una riduzione del numero di dirigenti scolastici e dei DSGA con il passaggio nel citato triennio a livello nazionale da 7.461 dirigenze a 7.309 con conseguente riduzione del numero di istituzioni scolastiche. Il coefficiente di calcolo utilizzato riferito al numero degli alunni per sede scolastica varia da 961 per il primo anno ai successivi a 949 e 938.
Già entro il 30/11 di quest’anno le Regioni sono chiamate a riorganizzare la rete scolastica poiché ad esempio in Regione Emilia-Romagna dalle attuali 534 istituzioni scolastiche relative all’a.s. 2022/23 e confermate per l’a.s. 2023/24 si dovrà passare nell’a.s. 2024/25 a 519, poi successivamente a 517 (a.s. 2025/26) e a 513 istituzioni scolastiche per l’a.s. 2026/27.
Non saranno più consentite le reggenze; quindi, ad ogni dirigente scolastico corrisponderà un’unica sede. Infatti, non vi sono più parametri dimensionali da rispettare sui territori e non sono previste scuole sottodimensionate (termine che con l’introduzione della nuova disciplina risulta privo di significato) da assegnare in reggenza. Al riguardo, si evidenzia che l’istituto della reggenza diventa una misura eccezionale motivata da esigenze specifiche e contingenti (es. carenze di organico, lunghe assenze per malattia, dimissioni in corso d’anno …) e non utilizzabile per attivare ulteriori istituzioni scolastiche eccedenti il contingente assegnato. Si cambia prospettiva: non sono più le autonomie a determinare le dirigenze ma viceversa.
L’argomento è stato dibattuto in Conferenza Unificata nello scorso mese di maggio e il confronto fra Stato, Regioni ed Enti Locali si è concluso con un mancato accordo. Infatti, vi è stato il voto contrario delle Regioni che già avevano fatto ricorso alla Corte costituzionale avverso il citato comma dell'art.1 della legge finanziaria per lesione delle competenze regionali in materia di istruzione e autonomia scolastica (Campania, Emilia-Romagna, Puglia e Toscana). A queste Regioni si sono aggiunte le Regioni Abruzzo e Sardegna.
Il Ministro dell'Istruzione e del Merito ha comunicato che si procederà comunque a emanare il decreto in questione stante la necessità di dare attuazione a una milestone della riforma del PNRR.
Nei prossimi mesi quindi le Regioni ma anche gli Enti Locali sono chiamati a un lavoro impegnativo e importante. Rimane infatti invariato il quadro di riferimento normativo, legato al DLgs n.112/1998 che all’art. 139 attribuisce alle Province, in relazione all'istruzione secondaria superiore, e ai Comuni, in relazione agli altri gradi inferiori di scuola, i compiti e le funzioni concernenti tra l’altro “l'istituzione, l'aggregazione, la fusione e la soppressione di scuole in attuazione degli strumenti di programmazione e la redazione dei piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche”. La stessa legge Del Rio di riordino delle Province n.56/2014 prevede, all’art. 1, comma 85 lettera c), che le Province, quali enti con funzioni di area vasta, esercitano le funzioni di programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale.
I tempi sono assai stringenti perché, come previsto nella legge finanziaria, le Regioni provvedono al dimensionamento della rete scolastica sulla base del contingente assegnato entro il 30 novembre di ogni anno, salvo deliberazione motivata della Regione con cui può essere determinato un differimento temporale di durata non superiore a trenta giorni.
Pertanto, le Regioni dovranno definire a loro volta indirizzi per la programmazione territoriale della offerta di istruzione e la riorganizzazione della rete scolastica definendo i criteri di attribuzione del contingente dei dirigenti scolastici e dei DSGA sui territori provinciali. Si auspica che venga superato il parametro dimensionale fisso per istituzione scolastica e si assuma un nuovo parametro dimensionale medio per istituzione scolastica analogo a quello utilizzato dallo Stato (ossia una media di alunni per istituzione scolastica).
A tali indirizzi dovranno attenersi Città Metropolitane, Province e Comuni nel processo di riorganizzazione della rete scolastica.
Sarà sicuramente un lavoro faticoso e impegnativo in quanto, anche se la riorganizzazione non tocca il numero dei plessi scolastici, comporterà l’accorpamento di istituzioni scolastiche concentrando su una unica autonomia scolastica un numero importante di plessi. Il dirigente scolastico è chiamato a presidiare i processi organizzativi interni e a interloquire con i diversi soggetti del territorio di riferimento. Quindi il bacino di utenza di riferimento non dovrebbe essere troppo vasto né dislocato su troppi comuni.
Non risulta ancora chiaro come verranno tutelate le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche con specificità linguistiche. Occorre invece fare attenzione che questa progressiva riduzione di autonomie scolastiche, che si traduce in autonomie scolastiche più ampie, non colpisca i territori più piccoli e più fragili con il rischio di far venir meno punti essenziali di riferimento sul territorio e andando così ad acuire le distanze fra le zone più disagiate e i servizi essenziali. Con rischio evidente di ulteriore spopolamento ad esempio nei territori montani.
Da parte delle Province, competenti per il secondo ciclo di istruzione, occorre fare particolare attenzione a un corretto raccordo scuola - territorio e al rispetto di tutte le specificità degli istituti superiori, da quelle vocazionali (ad esempio istituti agrari con azienda agraria) a quelle legate allo sviluppo del settore economico complessivo di un territorio. Si evidenzia infine che talora vi sono istituzioni scolastiche di secondo grado che hanno dimensioni importanti per storia consolidata e altre che hanno dimensioni più ridotte in relazione a indirizzi relativi a specifiche aree economiche e di professionalità. È importante che possano coesistere entrambe.
Infine, in questo processo sono coinvolti vari soggetti e attori sul territorio: dagli enti locali alle scuole e agli uffici scolastici provinciali, dalle associazioni sindacali e di categoria. Il lavoro che li aspetta non è sicuramente di poco conto.
Da ultimo, ma molto importante, la nostra Regione è stata di recente interessata da fenomeni alluvionali che hanno prodotto effetti devastanti per i territori romagnoli e per alcuni territori emiliani. In una situazione di grave emergenza diventa difficile occuparsi anche della riorganizzazione della rete scolastica.
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